per il Piano Casa Italia

“«Sono quattro i tipi di azione fondamentali» in cui si articolerà il progetto Casa Italia. Lo ha detto Giovanni Azzone, al termine delle consultazioni a Palazzo Chigi con tutti i soggetti interessati. La prima linea di azione prevede la «messa a regime delle informazioni sul Paese», anche attraverso l’uso di ‘big data’ che le rendano disponibili ai cittadini. La seconda è l’indicazione di «linee guida di intervento preventivo», con il coordinamento del gruppo di lavoro del senatore e architetto Renzo Piano. La terza riguarda finanziamenti e procedure. La quarta è la formazione, con la Scuola nazionale di amministrazione a fare da «soggetto pilota».”

Il gruppo di ricerca di Energie Sisma Emilia ritiene che l’università sia un soggetto strategico per la messa a punto e la realizzazione del Piano Casa Italia e ha promosso una proposta, maturata negli ultimi mesi in collaborazione con ricercatori di vari atenei italiani, che pubblichiamo e aggiorneremo man mano con altri contributi.

Il contributo delle università per affrontare insieme le sfide del territorio che ci ospita

La formulazione di questa proposta ha trovato l’adesione di colleghi delle università di Bologna[1], Catania[2], Macerata[3], Messina[4], Modena e Reggio Emilia[5], Padova[6], Politecnico di Milano[7], Salerno[8], Udine[9]

Rev. 21 novembre 2016 [pdf: ali_per-il-piano-casa-italia_2016-11-21] questo documento potrà essere modificato e integrato grazie al contributo dei docenti che promuovono la proposta

Sommario

Le ragioni della proposta

Ambiti di intervento per la ricerca e la formazione

Un identikit dell’Italia sismica: che cosa dicono i dati

In quali ambiti occorre consolidare e intrecciare le attività di ricerca

Competenze di ricerca, strumenti di lavoro e prodotti attesi

Obiettivi dell’analisi socio-economica

Le competenze necessarie

I dati necessari

Prodotti della ricerca da realizzare in sinergia con la realizzazione del Piano Casa Italia

Profili professionali e competenze di team multidisciplinari da formare

Le risorse del programma strategico

Le ragioni della proposta

1. Per la ricostruzione nei territori colpiti da eventi sismici e la messa in sicurezza delle zone a rischio sismico in Italia, il Governo intende avviare il “Piano Casa Italia” che contribuirà a disegnare il futuro del Paese.

2. In linea con quanto approvato dalle Nazioni Unite nel Sendai Framework for Disaster Risk Reduction del marzo 2015, dalla ricerca e dalla formazione accademica potranno scaturire le energie necessarie per dare sostegno al complesso processo che sarà avviato dall’azione pubblica e privata per fronteggiare con consapevolezza le sfide del territorio che ci ospita.

La comunità scientifica può dare un contributo affiancando il Piano con un programma strategico che coinvolga l’Università italiana, nel cui ambito sviluppare e mettere a sistema idee, strumenti di analisi, modelli di monitoraggio, proposte per rendere più efficiente ed efficace la moltitudine di azioni locali che sarà necessario intraprendere nel progetto di messa in sicurezza del territorio italiano che si intende realizzare nel corso dei prossimi decenni.

Nuove tecnologie dei materiali e delle strutture, innovazioni tecniche, innovazioni organizzative e sociali sono ingredienti indispensabili di questo processo. Occorrono conoscenze nuove e multidisciplinari che dovranno essere radicate nelle organizzazioni, pubbliche e private, negli individui e nelle comunità locali.

Orientare la ricerca e la formazione accademica per realizzare il Piano Casa Italia potrà essere un formidabile fattore che innalzerà la qualità dell’azione accademica nei territori interessati dal Piano e contribuirà in modo virtuoso ai processi di sviluppo locale creando connessioni e alimentando il radicamento delle competenze necessarie.

3. L’analisi socio-economica costituisce una componente essenziale per la realizzazione del Piano Casa. Questo documento indica alcune proposte di analisi, ambiti di intervento prodotti che si propone di realizzare.

4. La proposta è stata elaborata da docenti e ricercatori di vari atenei (Bologna, Catania, Macerata, Messina Modena e Reggio Emilia, Padova, Politecnico di Milano, Salerno, Udine) con competenze complementari ‑ in economia, storia, sociologia, pedagogia, diritto, urbanistica, modellizzazione dinamica, ingegneria, informatica, statistica ‑ la cui applicazione congiunta sarà fondamentale per il successo del Piano.

I ricercatori hanno esperienze di analisi teorica e applicata sui temi dello sviluppo locale e tra di loro vi è anche il gruppo di ricerca che ha maturato un’esperienza di analisi degli effetti socio-economici del sisma in Emilia[10].

Siamo convinti che ‑ nella messa a punto del programma strategico e nella sua realizzazione ‑ altri ricercatori e altri atenei offriranno il loro contributo al fine di creare una rete di ricerca e formazione di eccellenza a livello nazionale e internazionale.

5. Destinatari di questa proposta sono il responsabile incaricato del Piano Casa Italia, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Governo nazionale, la CRUI, il MIUR, i governi regionali, l’ANCI.

Ambiti di intervento per la ricerca e la formazione

Un identikit dell’Italia sismica: che cosa dicono i dati

6. I dati disponibili sul patrimonio edilizio, culturale e paesaggistico, i dati socio-economici e demografici sulle zone ad alto rischio sismico non sono ad oggi sistematizzati ed è questa una prima lacuna che andrebbe colmata per l’attuazione del Piano.

Richiamiamo di seguito alcune delle informazioni sintetiche tratte dal lavoro in corso del gruppo di ricerca di UniMORE, e accessibili on line[11].

7. Il 36% dei comuni italiani è classificato ad elevatissima ed elevata rischiosità sismica (zona sismica 1 e 2). Si tratta di quasi tre mila comuni (degli oltre otto mila comuni italiani) in cui risiede il 38,9% della popolazione italiana e il 31% degli occupati totali. I comuni della zona 1 sono più piccoli (in media 4 mila abitanti) di quelli della zona 2 (in media oltre 9 mila abitanti). La vetustà del patrimonio edilizio nei comuni delle zone 1 e 2 risulta maggiore della media nazionale (per la minore quota di edifici costruita dopo il 2000).

8. Il profilo socio-demografico dei comuni nelle zone 1 e 2 è influenzato delle caratteristiche fisiche e geografiche dei territori interessati: l’altimetria mediana dei comuni ad elevatissima ed elevata rischiosità sismica è oltre i 500 metri slm. Questi comuni hanno, in media, minore densità, una popolazione residente relativamente anziana, nuclei familiari di maggiore dimensione rispetto al resto del Paese, un pendolarismo giornaliero per motivi di studio e di lavoro di corto raggio.

9. I comuni delle zone 1 e 2 si caratterizzano per una specializzazione manifatturiera inferiore alla media nazionale (prevalente in imprese piccole e microimprese) e per una presenza di addetti alle costruzioni e al commercio superiore alla media nazionale.

10. In generale, vi è una notevole sovrapposizione tra comuni a rischiosità elevata ed elevatissima e comuni classificati come “aree interne”. Nonostante questo, rientrano tra i comuni a elevato rischio sismico anche 91 poli urbani, che hanno quindi una funzione centrale nell’erogazione di servizi alla popolazione (sanità, istruzione, trasporti), e tra questi vi sono importanti aree urbane con oltre 100.000 abitanti.

11. Infine, l’università italiana è presente con molte sedi nelle zone 1 e 2. Nel 2015, quasi il 38% degli studenti universitari era iscritto in tali sedi (rispettivamente il 5% nella zona 1 e il 33% nella zona 2).

In quali ambiti occorre consolidare e intrecciare le attività di ricerca

12. Questi dati ci raccontano l’enorme varietà di condizioni socio-economiche e demografiche che caratterizza i territori delle zone a elevato rischio sismico.

Da quanto si apprende dalle dichiarazioni che anticipano le caratteristiche del Piano Casa Italia, i processi che il Governo vuole avviare saranno orientati dal rispetto delle differenze e delle peculiarità locali, evitando dunque un approccio dirigista e preferendo, laddove possibile, un approccio partecipato.

Un intervento su grande scala avrà tra i fattori di successo la capacità di coniugare il mantenimento della varietà con i vantaggi che derivano della conoscenza condivisa e dall’innovazione che portano nei territori gli strumenti e le competenze necessari per sostenerli.

L’estensione territoriale, la vastità e varietà di casi su cui agire spiegano perché il Piano Casa Italia richiederà per il suo completamento un orizzonte temporale lungo, di trenta-cinquanta anni, per il suo pieno dispiegarsi.

13. I dati non ci dicono quali siano le condizioni idrogeologiche di quei territori, né ci dicono quale sia l’effettiva vulnerabilità del territorio, in particolare quale sia lo stato di conservazione e sicurezza antisismica del patrimonio edilizio e dei beni culturali, quanto la popolazione che vive e lavora nel territorio, le organizzazioni economiche sociali siano preparate ad affrontare eventi sismici; in che misura le infrastrutture materiali e immateriali siano resilienti a eventi sismici.

Gli ambiti in cui si svilupperanno gli interventi del Piano dovranno essere molteplici: per ridurre la vulnerabilità occorre intervenire sull’adeguamento materiale degli edifici, la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo di piani assicurativi e finanziari. E per sostenere tali interventi occorrono irrobustire e orientare la formazione mirata di giovani, di professionisti, di dipendenti di amministrazioni pubbliche e imprese.

14. Se tutti questi elementi saranno integrati all’interno di una cornice comune, come quella delineata a più riprese dalle Nazioni Unite (UNISDR), aumenteranno sensibilmente le probabilità di un contenimento dei costi tanto nella fase di emergenza che in quella di ricostruzione successiva ad eventi sismici, e maggiore sarà il potenziale rigenerativo (economico e sociale) che il piano riuscirà ad attivare e mantenere nel tempo.

  • Le indicazioni che vengono dallo Hyogo Framework 2005-2105 e dal Sendai Framework for Disaster Risk Reduction (UNISDR) e dalla Commissione Europea (a cui ha contribuito in modo significativo la Protezione Civile italiana) sottolineano in particolare l’importanza di interventi che favoriscano la resilienza delle comunità locali: la capacità di rispondere allo shock esogeno (imprevedibile nella sua specifica occorrenza, ma probabile) ricostruendo – auspicabilmente in senso migliorativo – le condizioni di vita e lavoro delle comunità.
  • La portata dei danni riconducibili a un disastro naturale non sono solo materiali, ma coinvolgono anche la dimensione sociale ed economica specifica di un territorio. In questo senso, una mappatura sistematica dei territori con quanti più indicatori possibili facilita il coordinamento delle azioni, sia in fase emergenziale che in fase di ricostruzione.
  • Le infrastrutture materiali (reti di trasporti di persone, merci, informazioni) e le infrastrutture sociali (servizi sociali, sanitari, educativi) alla popolazione costituiscono componenti essenziale per migliorare la resilienza delle comunità[12]. Nel caso delle aree interne vale la pena ricordare che le infrastrutture materiali e sociali tendono a essere più deboli e/o rarefatte.
  • Occorre identificare i principali fattori socio-economici e le più efficaci politiche pubbliche che possono influenzare a tutto tondo la capacità di recupero di una zona colpita da un terremoto e accompagnano il processo di messa in sicurezza del territorio.

15. Sebbene si tratti di condizioni molto diverse, dal punto di vista analitico si tratta di analizzare un processo complesso, il cui completamento ha bisogno di dispiegarsi su più anni (fino a diversi decenni), che riguarda interventi che coinvolgono il settore pubblico, le famiglie, le imprese, il terzo settore.

16. La durata degli interventi è condizionata dai tempi materiali dei processi di progettazione, autorizzazione e realizzazione degli interventi. È essa stessa entità fondamentale del processo che si intende avviare: per realizzare interventi senza sprechi, occorre attivare processi virtuosi di partecipazione, trasparenza, controllo che devono attraversare l’intera società su scala locale e nazionale.

Questi processi richiedono tempo, competenze e conoscenze in grado di tenere il passo con le necessità del piano, non solo nei diversi ambiti disciplinari che dovranno essere un grado di dialogare tra loro, ma servono anche dipendenti comunali capaci di gestire le modificate priorità. Tutte queste competenze si devono radicare in profondità nel tessuto sociale. Un tessuto che non è omogeneamente distribuito tra i diversi territori né all’interno di ciascuno di essi.

17. Il centro dell’analisi riguarda il modo in cui le famiglie, gli imprenditori, gli amministratori pubblici e le comunità locali reagiscono per far fronte agli effetti di una catastrofe naturale e possono mettersi in gioco nel Piano Casa Italia. In particolare, l’analisi intende mettere in luce in che modo tutti questi diversi attori saranno orientati dai nuovi incentivi determinati dall’attuazione del piano.

Una tale analisi richiede una mappatura delle caratteristiche socio-economica dei territori sui seguenti temi (o ambiti).

18. In primo luogo, occorre analizzare la struttura sociale, economica e demografica del territorio oggetto dell’intervento, con l’obiettivo di valutare: la struttura spaziale e temporale della domanda e dell’offerta nei vari domini oggetto dell’analisi (patrimonio immobiliare, consumi, produzione, mercato del lavoro, servizi pubblici essenziali, infrastrutture); possibili colli di bottiglia che potrebbero ostacolare gli interventi necessari (dalla fase di progettazione a quella di autorizzazione e realizzazione); le dinamiche innovative emergenti (non solo nelle organizzazioni economiche, ma ad esempio nel potenziamento delle infrastrutture sociali o della pubblica amministrazione).

Tutti questi elementi di analisi consentono di individuare su quali ambiti siano necessarie politiche pubbliche locali.

19. In secondo luogo, l’analisi deve anche riguardare i modelli di vita quotidiana, che potrebbero cambiare a causa di danni alle case, alle nuove localizzazioni delle sedi di lavoro e delle scuole, dei servizi sanitari, commerciali, dei servizi alla persona, e dei servizi culturali, dei luoghi di culto e di ritrovo (dalle piazze, ai muretti, ai giardini,  ). Tale analisi potrà basarsi anche sullo studio dei mutamenti negli schemi ricorrenti di mobilità degli individui che risiedono e lavorano nelle aree interessate.

20. In terzo luogo, sarà necessario analizzare la dotazione di capitale sociale (le reti di relazioni sociali che trasmettono informazioni, sostegno e risorse fiduciarie) per capire come contenere gli effetti negativi del disastro naturale e per alimentarne la riproduzione a livello locale. Una mappa del capitale sociale è un utile elemento per capire il tipo di reti sociali caratteristiche di un territorio (chiuse o aperte; particolaristiche o universalistiche; tradizionali o moderne) e per comprendere come attivare le risorse locali in un progetto di ricostruzione tanto delle strutture materiali, quanto di quelle immateriali di una comunità. In questo senso, si potranno disegnare politiche pubbliche specifiche e ‘vicine’ al territorio.

21. In generale, il Piano Casa Italia va considerato un necessario e imprescindibile primo passo nel processo di ammodernamento e di una messa in sicurezza del patrimonio edilizio del paese: ipotesi che consideriamo essenziale venga ricondotta in una cornice di più ampio respiro che richiede un approccio sistemico (socio-economico, architettonico-urbanistico). Questa sinergia permetterà di condurre anche azioni di riordino insediativo e paesistico delle numerose urbanizzazioni italiane bisognose di questo tipo d’intervento. Si tratta cioè di integrare gli interventi di messa in sicurezza del patrimonio nelle dinamiche più generali di contrazione demografica, di compresenza di altre forme di rischio naturale o antropico (vi sono evidenti intersezioni col progetto Italia Sicura), o dell’impatto sul paesaggio degli insediamenti in questione. Su queste basi si potrà sviluppare un ventaglio di scenari territoriali ed economici possibili che consentano al decisore di compiere scelte più consapevoli.

Competenze di ricerca, strumenti di lavoro e prodotti attesi

Obiettivi dell’analisi socio-economica

22.L’analisi socio-economica che proponiamo di sviluppare nella piattaforma strategica dell’università ha i seguenti obiettivi:

  • essere lo strumento di sviluppo e di implementazione della cornice indicata nel Sendai Framework che sarà integrata nel tessuto locale, del quale tenere conto per incrementare i potenziali effetti positivi del Piano Casa Italia;
  • offrire la ‘mappatura’ per ‘mettere a sistema tutti i dati esistenti’: la prima linea di intervento indicata dal responsabile del Piano Casa Italia.
  • essere in sinergia con l’approccio e gli interventi del Piano e del gruppo G124.

Le competenze necessarie

23. L’enorme varietà di casi che caratterizzano i contesti socio-economici oggetto del programma strategico richiedono una pluralità di competenze di ricerca in molte aree: nelle scienze sociali (economia, storia, sociologia) e giuridiche, nello studio del patrimonio culturale, tangibile e intangibile, della sua conservazione e valorizzazione, nelle scienze naturali, fisiche e matematiche, nelle discipline ingegneristiche e informatiche, urbanistiche e architettoniche, oltre che nelle discipline della formazione, della comunicazione e dei nuovi media.

24. Occorre costruire un metodo che consenta di generalizzare i risultati conseguiti degli interventi del Piano Casa Italia, rispettando così un obiettivo del programma strategico volto a modellizzare i fattori cruciali da attivare nella fase di monitoraggio dei processi di ricostruzione a livello locale e regionale.

In particolare, il gruppo di ricerca si vuole avvalere degli strumenti di analisi in uso nelle scienze sociali: questionari strutturati e interviste in profondità, focus group, algoritmi per elaborare le informazioni, strumenti statistici e di calcolo, strumenti web per la narrazione multimediale e piattaforme web interattive, modelli computazionali ed esperimenti ad hoc; survey e analisi qualitative per migliorare l’efficienza allocativa e l’ordinamento delle priorità nell’utilizzo delle risorse pubbliche e private nelle varie fasi di intervento.

La modellizzazione potrà fornire elementi essenziali per delineare scenari del contesto in cui saranno avviati gli interventi e per monitorare e valutarne gli effetti. La simulazione consentirà di analizzare dinamiche di interazione a diverse scale spaziali e temporali, e di mettere in luce gli effetti di una vasta gamma di interventi di politica locale, le loro ricadute spaziali, oltre che i micro-fondamenti dei processi di intervento messi in atto. I modelli computazionali saranno inoltre utili per identificare eventuali effetti perversi determinati localmente dall’effetto combinato degli incentivi pubblici e delle scelte private.

25.Inoltre, adottando buone pratiche di supporto automatico o semi-automatico nella stesura di testi legislativi, ci si propone di individuare quali siano gli strumenti giuridici, allo stato della normativa vigente, più adatti per attuare gli interventi del Piano e quali modifiche normative potrebbero rendersi utili o indispensabili per una loro più efficace attuazione.

26.Occorrerà integrare gli interventi delineati con la messa a punto di metodi di democrazia partecipata in tutte le fasi di realizzazione del Piano: è auspicabile coinvolgere la popolazione nelle decisioni che la riguardano direttamente nella fase di formulazione di interventi sia nella fase post-emergenziale ‑ quando si attenua il ruolo direttivo della Protezione Civile, aprendo spazi importanti per un processo partecipato relativo ai cambiamenti principali che la popolazione deve affrontare‑ sia nella fase di ‘preparazione’ e di ‘adeguamento’ delle strutture materiali delle aree a rischio 1 e 2.

Sarà così possibile elaborare strategie di co-decision making delle aree funzionali alla vita sociale ed economica dei territori, e disegnare gli incentivi che spingano la popolazione ad adottare e investire risorse nell’adeguamento di abitazioni, uffici e magazzini privati.

27.Il metodo di lavoro sarà messo a punto selezionando una serie di casi che costituiranno un laboratori in vivo: in parte saranno relativi alla ricostruzione (dopo il terremoto 2012 in Emilia e dopo quello in Centro Italia del 2016); altri saranno relativi a possibili interventi del Piano Casa Italia in zone 1 e 2, ad esempio, un centro urbano capoluogo di provincia e un SLL nelle aree interne.

La comparazione tra i diversi contesti di intervento offrirà una chiave di lettura per innalzare l’efficacia degli interventi e identificare gli specifici fabbisogni formativi su cui intervenire.

I dati necessari

28. L’analisi socio-economica da avviare nel programma strategico si intende avvalere di una vasta serie di informazioni quantitative e qualitative. A tal fine, occorrerà intrecciare collaborazioni essenziali con l’Istat e le Strutture a capo della gestione degli interventi perché questi dati siano accessibili. Una prima lista di dati (non tutti disponibili attualmente) riguarda;

  • i) gli open data sul processo di ricostruzione e messa in sicurezza (dalle pratiche MUDE a quelle sulle imprese e le opere pubbliche);
  • ii) i dati censuari e altri dati Istat (già utilizzabili grazie alla collaborazione dell’Istat)
  • iii)   dati raccolti ad hoc (small data, analisi qualitative, ecc);
  • iv) big data per analizzare pattern di mobilità (come ad esempio quelli relativi alla mobilità individuale auto rilevata tramite dispositivi GNSS); big data per analizzare le reti di relazioni sociali (come ad esempio quelli tratti dai social media);
  • v) interviste a soggetti pubblici e privati, coinvolti nella ricostruzione post-terremoto e nella messa in sicurezza del territorio.

Prodotti della ricerca da realizzare in sinergia con la realizzazione del Piano Casa Italia

29. Piattaforma web aperta ai contributi della comunità scientifica in cui condividere strumenti di analisi, modelli, dati e risultati della ricerca. Una tale piattaforma favorirà la condivisione di una solida conoscenza dei cambiamenti messi in atto dalla ricostruzione post sisma e dal Piano Casa Italia.

30. Scenari ex ante, in itinere e ex post degli effetti socio-economici degli interventi messi in atto dal Piano.

31. Corpus di strumenti giuridici più adatti per una più efficace attuazione degli obiettivi che il Piano si prefigge, ma anche un corpus legislativo integrato da spiegazioni in linguaggio comune che rendano accessibili il quadro normativo e le norme specifiche a tutti i cittadini.

32. Kit di strumenti, modulari e scalabili, per la progettazione, gestione, monitoraggio e valutazione degli interventi previsti dal Piano.

33. Kit di strumenti modulari e scalabili, per la progettazione, gestione, monitoraggio e valutazione della comunicazione relativa al Piano.

34. Kit di strumenti di valutazione della capacità di resilienza da parte delle comunità colpite dagli eventi sismici e da parte delle istituzioni pubbliche nel territorio

35. Monitoraggio e valutazione del programma strategico; comunicazione periodica e sistematica dei progressi nella realizzazione del programma strategico.

36. Progetti formativi (lauree triennali, master, scuole di specializzazione, profili di ricerca nei dottorati)

Profili professionali e competenze di team multidisciplinari da formare

37. Un punto essenziale per il successo del Piano sarà la creazione di profili professionali adatti a sostenere le trasformazioni che il Piano prevede.

Nel settore privato, come nel settore pubblico, occorrerà alimentare l’attitudine al cambiamento, all’innovazione al lavoro svolto a regola d’arte e a una formazione etico-giuridica che sappia rispondere in modo puntuale a eventuali azioni di corruttela. In questo senso, si possono delineare interventi che contribuiscano a formare amministratori pubblici che siano anche capaci committenti di opere pubbliche eseguite da un settore privato dotato di tecnici aggiornati in tema di tecniche e materiali di costruzione.

38. Tale attitudine complessiva deve caratterizzare ogni ambito di azione e coinvolgerà in modo mirato l’intero sistema formativo.

In particolare, la formazione universitaria potrà definire in tempi brevi profili professionali delle lauree triennali, e attivare anche corsi di specializzazione per la formazione di giovani laureati o di professionisti, già attivi nei diversi ambiti di intervento, che avranno bisogno di qualificare in modo mirato la propria formazione secondo quanto emergerà nella realizzazione del Piano.

39. La formazione di team multidisciplinari orientati al problem solving e alla progettazione nell’ambito di sistemi complessi sarà sostenuta nella formazione universitaria anche attraverso esperienze di stage sugli ambiti del programma strategico.

40. La rete di atenei coinvolti nel programma strategico potrà costituire un’opportunità di condivisione di proposte curriculari, progetti di dottorati, corsi MOOC (massive open online courses).

Le risorse del programma strategico

41. Oltre alle competenze che già sono presenti nelle università, occorreranno risorse per il coordinamento e soprattutto per i giovani ricercatori, oltre che per sostenere i costi delle strumentazioni necessarie alla realizzazione del programma.

42 L’orientamento strategico su scala nazionale potrà meglio focalizzare e mettere a sistema le azioni su scala regionale (come già stanno facendo le regioni che attivano piani di sostegno alla ricerca e alla formazione in connessione alle linee della Smart Specialization Strategy), ma dovrà anche favorire la progettazione mirata che dovrà attingere a fondi destinati alla realizzazione del Piano Casa Italia.

 

 

 

 

[1]     Laura Sartori, Monica Palmirani (progetto Energie Sisma Emilia)

[2]     Giovanni Battista Dagnino, Giorgia D’Allura, Rosario Faraci

[3]     Pier Giuseppe Rossi

[4]     Daniela Baglieri

[5]     Componenti del progetto di ricerca Energie Sisma Emilia e del gruppo di lavoro EnSIR: Margherita Russo (referente) , Tindara Addabbo, Massimo Baldini, Paola Bertolini, Giovanni Bonifati, Maurizio Casoni Sara Colombini, Enrico Giovannetti, Andrea Giuntini, Elisabetta Gualandri, Daniela Mantovani, Gianluca Marchi, Elisa Martinelli, Giuseppe Nardin, Francesco Pagliacci, Francesca Pancotto, Anna Francesca Pattaro, Simone Scagliarini, Roberto Serra, Paolo Silvestri, Giovanni Solinas, Paola Vezzani, Marina Vignola, Marco Villani (dipartimenti di: Comunicazione ed Economia, Economia Marco Biagi, Ingegneria Enzo Ferrari; Scienze Fisiche, Informatiche e Matematiche; Studi Linguistici e Culturali)

[6]     Annalisa Caloffi (gruppo di lavoro EnSIR)

[7]     Arturo Lanzani, Chiara Merlini, Federico Zanfi

[8]     Maria Prosperina Vitale (gruppo di lavoro EnSIR)

[9]     Leopoldina Fortunati (gruppo di lavoro EnSIR)

[10]    Dopo la fase di ricognizione sul campo (denominata “ricostruiremeglio”, avviata nel giugno 2012), il progetto di ricerca applicata Energie Sisma Emilia, (2014-2016) ha prodotto analisi e modelli e sugli effetti socio-economici del sisma in Emilia. I risultati sono disponibili on line www.energie.unimore.it

[11]    Per una ricognizione dettagliata dei dati socio-economici a livello comunale, si rinvia alla pagina www.energie.unimore.it/italia-sismica. Le elaborazioni condivise online sono alla base del progetto di analisi multidimensionale per caratterizzare una tipologia di comuni nelle zone a differente grado di sismicità. I risultati del progetto saranno pubblicati nella collana DEMB Working Paper Series “L’Italia sismica. Dati socio-economici per cogliere la portata del Piano Casa Italia”.

Anche se non caratterizzati in base alla zona sismica, dati su singoli comuni possono essere visualizzati nella mappa interattiva realizzata dal Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale “Territori post-metropolitani come forme urbane emergenti: le sfide della sostenibilità, abitabilità e governabilità”, www.postmetropoli.it

[12]    Sul tema della resilienza delle infrastrutture sociali si rinvia alle analisi e proposte di ricerca elaborate dal gruppo di lavoro europeo Ensir su “Enhancing social infrastructures resilience, WP-DEMB N.97”