Intervento del senatore Claudio Broglia
nell’anniversario del terremoto
Presidente, senatrici e senatori:
il 20 maggio 2012, esattamente tre anni fa, alle quattro del mattino, un boato sordo ed inquietante fece svegliare di soprassalto le popolazioni di gran parte dell’Emilia del Veneto e della Lombardia. Ci vollero alcuni secondi per realizzare che si trattava di un terremoto e diversi minuti per comprendere che l’epicentro era nel cuore della bassa padana. Un terremoto di magnitudo 5.9 della scala Richter. Un terremoto che ci colse davvero tutti alla sprovvista, noi che eravamo preparati ed allertati su frane, alluvioni, eventi atmosferici eccezionali, ci ritrovammo di punto in bianco a fare i conti con un violentissimo terremoto. Ma ancora non avevamo visto tutto, perché di lì a nove giorni il 29 maggio alle 9,03 un secondo terremoto di pari magnitudo ma con una accelerazione al suolo doppia rispetto al primo provoco’ crolli e danni gravissimi a Chiese municipi, scuole, ospedali capannoni e abitazioni. Ventisette furono le vittime dei due terremoti. Sette la notte del 20, venti la mattina del 29. Lavoratori e imprenditori che facevano il turno in fabbrica seppelliti dal crollo del capannone, volontari che stavano cercando di salvare altre vite un parroco che accudiva la sua chiesa. Ci sono storie importanti dietro a queste vittime. Ma proprio partendo da quelle vittime e dalla caparbietà delle istituzioni nazionali, regionali e locali parti’ il lungo cammino dell’assistenza alle popolazioni, della messa in sicurezza degli edifici e della ricostruzione. Partimmo senza una legge sulle ricostruzione, senza un euro a disposizione ma con tanto coraggio e tanta ostinazione. Chi, come me ha vissuto e vive da sindaco, in prima persona quel dramma e le fasi della ricostruzione sa che due persone su tutte furono decisive nell’assumersi nell’immediato grandi responsabilità nel far partire in assenza di qualunque norma, tutto l’apparato della protezione civile , dei vigili del fuoco, dei volontari nel rapporto con il governo ed in particolare modo con il ministro Barca
E noi che c’eravamo non finiremo mai di ringraziare il prefetto Franco Gabrielli e il presidente Vasco Errani. Forse ancora oggi non si ha la misura di quel sisma. Cinquantotto sono stati i comuni interessati, 45 mila le persone coinvolte direttamente, 19 mila famiglie che hanno lasciato le proprie abitazioni, 16 mila di queste che hanno chiesto assistenza, 14 mila edifici residenziali crollati o danneggiati, 13 mila edifici produttivi crollati o danneggiati, 1.500 edifici pubblici chiese od ospedali crollati o danneggiati. Un’area da cui deriva circa il 2% del pil nazionale, 18 mila studenti senza una scuola. E proprio dalle scuole siamo ripartiti e abbiamo realizzato in tre mesi scuole provvisorie per 18 mila alunni e tutti hanno,potuto svolgere l’intero anno scolastico e quelli successivi in modo regolare. Oggi, molte di quelle scuole sono stare riparate o ricostruite e con il prossimo settembre si può dire che la totalità dei ragazzi abbandonerà i prefabbricati. All’apertura dei campi erano circa 40 mila le persone ospitate, dopo cinque mesi a quasi tutte era stata trovata una sistemazione alternativa tra quattro mura o concesso un contributo mensile per una autonoma sistemazione e anche l’ultimo campo veniva chiuso. Nonostante gli sforzi fatti per 757 famiglie fu necessario ricorre ad abitazioni prefabbricate provvisorie. Oggi di quei 757 nuclei ne rimangono 410 con l’impegno da parte della regione di smantellarli entro la fine del 2015. Da quel 29 maggio partirono la costruzione della legge sulla ricostruzione, i decreti legge, le finanziarie, il lavoro emendativo del parlamento, la ricerca dei finanziamenti, la messa a regime del comitato tecnico costituito dal commissario che vide nei sindaci sub-commissari la spina dorsale e il vero motore che teneva assieme le comunità locali azzerando la distanza tra le istituzioni. Tutti i sindaci, di qualunque formazione politica. Oggi dopo tre anni i dati della ricostruzione sono questi: il 60 per cento degli edifici e’ già stato ricostruito, 15.800 abitazioni ripristinate, dove sono tornate a vivere 25 mila persone. Abbiamo già concesso quasi due miliardi di euro di cui quasi la metà già liquidati. Ricordo a tutti che il contributo non viene dato ai privati ma erogato direttamente all’impresa esecutrice a fine lavori, tutto su fattura e tutto perfettamente tracciabile e trasparente Di quelle 16 mila famiglie che chiesero assistenza all’indomani del terremoto, oggi ne rimangono 4.600, cioè si sono ridotte del 71 per cento. Credo che siano dati di tutto rispetto. Eppure ancora tanto c’è da fare perché adesso viene la fase più complicata, quella dove non vorremmo che si desse per esaurito il problema terremoto Emilia. Quello che ancora ci deve vedere attenti sono una serie di misure che accompagnino ancora per un po’ di tempo quei territori. Intanto la proroga fino al 2017 dello stato di emergenza perché questo contiene in se alcune proroghe fiscali che servono a chi sta ancora ripartendo a non soccombere ora che il più è fatto. A questo scopo abbiamo anche avanzato fortemente la richiesta non tanto della no tax area ma di zone franche urbane limitate ai centri storici più colpiti finanziati per 50 milioni di euro sempre a sostegno dell’artigianato del commercio e delle piccole medie imprese del territorio. Mentre i fondi per la ricostruzione degli edifici privati, circa sei miliardi, appare capiente, sulla ricostruzione delle opere pubbliche mancano ancora circa 800 milioni. Una grande attenzione va tenuta anche nei confronti degli enti locali coinvolti, che oltre ai tagli nazionali si trovano a dover gestire mancati incassi, moltiplicazioni esponenziali delle pratiche urbanistiche e dei lavori pubblici. Senza un sostegno importante questi comuni non ce la potranno fare, soprattutto sul fronte dell’assoggettamento al patto di stabilità di assicurazioni e donazioni.Non voglio poi dimenticarmi di un tema di primaria importanza nella ricostruzione che è quello della legalità e dall’attenzione massima ai tentativi di infiltrazione mafiosa. Da sindaco di un Comune di quei territori rivendico assieme agli altri colleghi, al presidente Errani e all’attuale presidente Bonaccini che fummo proprio tutti noi a decidere di costituire la cosiddetta white list per tutte le imprese che intendevano far parte della ricostruzione. E quando chiedi a tutti di sottoporsi ad un esame completo può darsi che ogni tanto si scopra un qualche sintomo di dubbia provenienza. Ma rivendichiamo anche qui la fermezza che abbiamo tenuto nei confronti anche di imprese radicate e di grande prestigio locale che al pari di tutte sono state escluse fino a quando non fosse stato chiarito in modo esaustivo la loro estraneità ai fatti a loro addebitati. Tenete presente che parliamo dopo i dovuti controlli di un fenomeno che riguarda lo 0,6 per cento di tutti gli appalti della ricostruzione. L’inchiesta Aemilia ha aperto poi uno squarcio drammatico ed inquietante sulla presenza da molti anni della ‘ndrangheta sui nostri territori, ma ha anche messo in luce il fatto di come le amministrazioni locali siano ancora un argine che ha retto e sta reggendo in modo esemplare. Ma anche qua, non possiamo essere lasciati da soli a combattere. Ne possiamo più tacere che se come ho detto prima i sindaci sono stati, assieme alle giunte, ai consiglieri comunali, ai dipendenti pubblici, ai quali va davvero fatto un plauso grandissimo per ciò che continuano a fare da tre anni a questa parte, dicevo non possiamo pensare che questi sindaci, dopo tre anni così duri siano oggi alla berlinaper fatti che non li coinvolgono o per il fatto che un dipendente possa aver fatto una telefonata, né possiamo lasciare che organismi giudiziari o di controllo riprocessino quei mesi con gli occhiali della normalità e non dell’emergenza. Sono consapevole che è un passaggio delicato, questo, eppure è un passaggio essenziale, istituzioni che tra di loro sono parti e non controparti pur nella assoluta sovranità e indipendenza delle funzioni. Da qui la mia profonda solidarietà a tutti i sindaci. Non mi piace mai parlare di fatti personali ma se io sono in quest’aula è principalmente dovuto alla volontà di portare qua un sindaco di quei territori a seguire da vicino l’iter legislativo sulla ricostruzione. Solo per questo ho accettato e accetto di avere un doppio incarico, mi faccio scivolare via le critiche spesso strumentali, e continuo assieme al collega Vaccari qui al Senato e ai colleghi della Camera di quei territori a svolgere il mio lavoro. Oggi i riflettori sul terremoto sono spenti e si accendono solo se si può intravedere un qualche fatto negativo, per questo chiudo con l’abusata frase che dice che fa più rumore un albero che cade anzichè una foresta che cresce. Perciò vorrei ribadire in quest’aula che in Emilia c’è una foresta che continua a crescere in mezzo a tante difficoltà , che ha bisogno di un sostegno importante ancora per un po’ di tempo, che non ha paura che ogni albero venga controllato. Anzi lo pretende, perché sa far cadere gli alberi secchi senza abbattere l’intera foresta ponendo una grande attenzione affinche’ anche l’ultimo alberello venga messo a dimora e attecchisca. Grazie presidente per avermi concesso in modo inusuale di intervenire a inizio seduta e non a fine aula, e colgo anche l’occasione per associarmi con la Senatrice Bulgarelli nella richiesta, in memoria di quelle 27 vittime, che si possa osservare un minuto di silenzio, grazie.