Oltre la ricostruzione fisica: Emilia 2030
Era il 2012 e il Professore di Economia Urbana Antonio Calafati affrontava «il tema dell’identificazione di una strategia di sviluppo economico di lungo periodo per il sistema urbano di L’Aquila. La ricostruzione fisica della città costituisce in questo momento l’obiettivo principale. Tuttavia, gli effetti di lungo periodo del sisma del 2009 sulla struttura socio-economica, ma anche quelli degli altri shock economici che hanno colpito l’Abruzzo e l’Italia nell’ultimo decennio, suggeriscono di riflettere, come questione altrettanto importante, sul futuro economico della città e del suo territorio oltre la ricostruzione»[1].
Proprio come a L’Aquila, le conseguenze del sisma che ha colpito il territorio emiliano nel maggio 2012 si sono congiunte agli effetti di una crisi strutturale che già da tempo si insinuava nel tessuto economico italiano. La necessità di una ricostruzione fisica delle aree terremotate non deve quindi oscurare l’esigenza di un ripensamento del sistema Emilia in una dimensione che è diventata, come minimo, europea. Al contrario, le politiche di sviluppo post-sisma rappresentano proprio l’occasione per il rilancio socio-economico dei territori colpiti.
Occasione che sembra essere stata colta dal Comune di Mirandola, il quale ha prontamente formulato un piano strategico mirato a ricostruire, oltre agli immobili, le condizioni idonee alla ripresa. Con gli investimenti nel tecnopolo per il settore biomedicale, che si prepara all’inaugurazione, o con i progressi compiuti nella produzione e nell’utilizzo del biometano: così Mirandola ‘ricostruisce’.
Quale orizzonte di sviluppo vuole e può dunque ottenere il sistema Emilia nel 2030? Certamente uno in cui dentro ai capannoni ricostruiti ci sia un rafforzato tessuto imprenditoriale.
[1] Calafati, A., 2012. L’Aquila 2030. Una strategia di sviluppo economico, p. 3.